PREMESSA:
Il D. Lgs. n. 149/2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 17 ottobre 2022, attua le disposizioni della legge delega n. 206 del 26 novembre 2021, rubricata: “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie in materia di esecuzione forzata”.
Tale legge si propone di realizzare “(…) gli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile, nel rispetto della garanzia del contradditorio”.
Il D. Lgs. 149/2022 è intervenuto (i) per rideterminare il rapporto tra la giurisdizione ordinaria e la giustizia alternativa, (ii) per semplificare il processo ordinario di cognizione, in tutti i suoi gradi, nonché dei riti speciali, che caratterizzano il sistema processuale civile e (iii) per implementare gli strumenti, anche informatici, a garanzia della maggior speditezza al processo.
Inoltre, il predetto D. Lgs. ha riformato anche la disciplina delle controversie di lavoro.
Le principali innovazioni saranno di seguito illustrate.
- LA COMPETENZA DEL GIUDICE DI PACE:
- Art. 196 quater del D. Lgs. 149/2022: “nei procedimenti davanti al giudice di pace, al tribunale, alla Corte di appello e alla Corte di cassazione il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, da parte dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Con le stesse modalità le parti depositano gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche”.
- La riforma definitiva del Giudice di Pace acquisterà efficacia solo a partire dal 31 ottobre 2025, data in cui in cui entreranno in vigore le novità che prevedono:
- l’estensione della competenza per valore del Giudice di Pace alle cause relative a beni mobili di valore non superiore ad € 30.000,00;
- la competenza generale del Giudice di Pace in materia condominiale, nonché per l’espropriazione forzata di cose mobili;
- la competenza del Giudice di Pace – purché il valore della controversia non sia superiore ad € 30.000,00 – per le cause in materia di usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari, per le cause in materia di riordinamento della proprietà rurale, per le cause in materia di accessione e per le cause in materia di superficie.
- Nel frattempo, la Riforma Cartabia ha previsto che la competenza per valore del Giudice di Pace passerà:
- da € 5.000,00 ad € 10.000,00 per le cause relative a beni mobili;
- da € 20.000,00 ad € 25.000,00 per le cause di risarcimento danni da circolazione di veicoli e natanti.
- Forma della domanda
- Il nuovo art. 316 c.p.c, stabilisce che: “davanti al giudice di pace la domanda si propone nelle forme del procedimento semplificato di cognizione, in quanto compatibili. La domanda si può anche proporre verbalmente. Di essa il giudice di pace fa redigere processo verbale che, a cura dell’attore, è notificato unitamente al decreto di cui all’articolo 318”.
- Pertanto, i giudizi promossi avanti al Giudice di Pace si svolgeranno nelle forme del rito semplificato.
- GIUSTIZIA DIGITALE:
Il D. Lgs. n. 149/2022, oltre a cristallizzare le norme già emanate dal legislatore dell’emergenza durante la pandemia, ha introdotto alcune importanti modifiche in tema di depositi telematici, notifiche a mezzo PEC e pagamenti online.
- Obbligatorietà del deposito telematico
- Una delle principali e più importanti novità è sicuramente quella prevista nelle disposizioni di attuazione del Codice di procedura civile con il Titolo V-ter “Disposizioni relative alla giustizia digitale” che, in particolare all’art. 196 quater, sancisce definitivamente l’obbligo di deposito telematico di tutti gli atti e documenti di causa in tutte le fasi del processo compresi i giudizi avanti alla Corte di Cassazione e presso i Giudici di Pace.
- Sempre lo stesso art. 196 quater introduce, inoltre, l’obbligo per il capo dell’ufficio giudiziario di comunicare sul sito istituzionale il mancato funzionamento e la relativa autorizzazione al deposito cartaceo, identica comunicazione dovrà avvenire al ripristino del sistema.
- Modalità di deposito, attestazione e certificazione delle copie trasmesse con modalità telematica
- Negli articoli successivi vengono inoltre precisate le modalità di deposito nonché quelle per l’attestazione e la certificazione delle copie trasmesse con modalità telematica.
- Art. 196-quinquies: “L’atto del processo redatto in formato elettronico dal magistrato o dal personale degli uffici giudiziari e degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti è depositato telematicamente nel fascicolo informatico.
In caso di atto formato da organo collegiale l’originale del provvedimento è sottoscritto con firma digitale anche dal presidente.
Quando l’atto è redatto dal cancelliere o dal segretario dell’ufficio giudiziario questi vi appone la propria firma digitale e ne effettua il deposito nel fascicolo informatico.
Se il provvedimento del magistrato è in formato cartaceo, il cancelliere o il segretario dell’ufficio giudiziario ne estrae copia informatica secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare e provvede a depositarlo nel fascicolo informatico.
Se il provvedimento di correzione di cui all’articolo 288 del codice è redatto in formato elettronico, il cancelliere forma un documento informatico contenente la copia del provvedimento corretto e del provvedimento di correzione, lo sottoscrive digitalmente e lo inserisce nel fascicolo informatico”.
- Art. 196-sexies: “Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice. Se gli atti o i documenti da depositarsi eccedono la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, il deposito può essere eseguito mediante più trasmissioni”.
- Art. 196-septies: “Con decreto del Ministro della giustizia sono stabilite misure organizzative per l’acquisizione di copia cartacea e per la riproduzione su supporto analogico degli atti depositati con modalità telematiche nonché per la gestione e la conservazione delle copie cartacee.
Con il decreto di cui al primo comma sono altresì stabilite le misure organizzative per la gestione e la conservazione degli atti depositati su supporto cartaceo a norma dell’articolo 196-quater, primo comma, terzo periodo, e quarto comma”.
- Modifiche in materia di notificazione a mezzo PEC
- Il decreto va, inoltre, a modificare la normativa che disciplina la notificazione a mezzo PEC, ponendo alla questione (in realtà già chiarita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 75/2019) la finalità di perfezionamento della notifica eseguita con modalità telematiche, la quale non si perfeziona più per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, ma al momento della generazione della ricevuta di consegna (ovvero dopo le ore 21:00 ed entro le ore 24:00).
- Viene inoltre precisato che le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato possono essere eseguite senza limiti orari ex art. 147 c.p.c.
- Da un’attenta lettura delle nuove disposizioni si evince, inoltre, l’introduzione dell’obbligo, per l’avvocato, di notificare mediante PEC gli atti giudiziali e stragiudiziali in materia civile e nei casi in cui il destinatario:
- ha l’obbligo di avere un domicilio digitale presente nei pubblici elenchi (liberi professionisti e imprese);
- ha scelto spontaneamente di avere un domicilio digitale (persone fisiche).
- A tutela delle notifiche a mezzo PEC effettuate nei confronti di chi è obbligato ad avere un domicilio digitale che risulta nei pubblici elenchi, ma che non sono andate a buon fine per cause attribuibili al destinatario, si introduce la possibilità di eseguire, a spese del richiedente, la notifica in un’area web riservata.
- In questo caso la notifica, in maniera del tutto similare a quanto previsto dagli art. 140 e 143 c.p.c., si perfeziona il decimo giorno successivo a quello in cui viene eseguito l’inserimento.
- Il tutto ferme restando le modalità ordinarie nel caso in cui la notifica a mezzo PEC non sia andata a buon fine per cause non imputabili al destinatario e nel caso di notifica a mezzo PEC effettuata nei confronti di soggetti che abbiano scelto spontaneamente di avere un domicilio digitale.
- Pagamento delle spese di giustizia
- La riforma interviene anche sul T.U. delle spese di giustizia (d.P.R. n. 115/2002) per potenziare, stabilizzandole, le modalità di pagamento delle spese di giustizia mediante la piattaforma telematica (PagoPA) già applicate durante la fase emergenziale:
- tale modalità dovrà essere applicata sempre per il pagamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo nei procedimenti civili e tributari;
- solo in caso di accertato malfunzionamento della piattaforma sarà possibile ricorrere al bonifico bancario o postale.
- I metodi che rientrano fra quelli di PagoPA sono i seguenti:
- pagamento online tramite il Portale dei Servizi Telematici (PST), sia nella sezione ad accesso riservato sia nella sezione pubblica (senza bisogno di eseguire ‘login’);
- pagamento online presso un Punto di Accesso (PDA);
- pagamento tramite canali fisici o online messi a disposizione dalle banche: sportelli fisici (anche con contanti), strumenti di home banking per PagoPA, app IO.
- L’adempimento, in linea con la completa digitalizzazione del PCT in tutti i suoi aspetti, consente finalmente di intervenire anche sul fronte fiscale.
- MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DELL’UDIENZA
- L’art. 127, rubricato “Direzione dell’udienza”, prescrive che “l’udienza è diretta dal giudice singolo o dal presidente del collegio. Il giudice che la dirige può fare o prescrivere quanto occorre affinché la trattazione delle cause avvenga in modo ordinato e proficuo, regola la discussione, determina i punti sui quali essa deve svolgersi e la dichiara chiusa quando la ritiene sufficiente. Il giudice può disporre, nei casi e secondo le disposizioni di cui agli articoli 127 -bis e 127 -ter, che l’udienza si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza o sia sostituita dal deposito di note scritte”.
- Dunque, oltre al consueto svolgimento in presenza, il magistrato può alternativamente optare per il collegamento audiovisivo a distanza ovvero per il deposito di note scritte.
- Collegamenti audiovisivi
- Il summenzionato art. 127 bis, riguardante l’udienza mediante collegamenti audiovisivi, pertanto, prevede quanto segue “lo svolgimento dell’udienza, anche pubblica, mediante collegamenti audiovisivi a distanza può essere disposto dal giudice quando non è richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Il provvedimento di cui al primo comma è comunicato alle parti almeno quindici giorni prima dell’udienza. Ciascuna parte costituita, entro cinque giorni dalla comunicazione, può chiedere che l’udienza si svolga in presenza. Il giudice, tenuto conto dell’utilità e dell’importanza della presenza delle parti in relazione agli adempimenti da svolgersi in udienza, provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile, con il quale può anche disporre che l’udienza si svolga alla presenza delle parti che ne hanno fatto richiesta e con collegamento audiovisivo per le altre parti. In tal caso resta ferma la possibilità per queste ultime di partecipare in presenza. Se ricorrono particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dà atto nel provvedimento, i termini di cui al secondo comma possono essere abbreviati”.
- Pertanto, ai sensi del nuovo art. 127 bis c.p.c. l’udienza può essere svolta in forma telematica solo qualora non debbano intervenire soggetti diversi dalle parti, dai loro difensori, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice.
Nelle altre ipotesi, ad esempio quando devono essere ascoltati testimoni, l’udienza deve necessariamente tenersi in presenza.
- Il provvedimento con cui viene stabilito l’uso del collegamento audiovisivo a distanza deve essere comunicato alle parti almeno 15 giorni prima dell’udienza, in modo tale da consentire alle stesse, ove non siano d’accordo, di chiedere, entro i successivi 5 giorni dalla comunicazione, lo svolgimento in presenza.
Su tale istanza, nell’ulteriore termine di 5 giorni, il giudice decide con provvedimento non impugnabile.
- Il Giudice, inoltre, ha anche la facoltà di disporre che l’udienza si tenga con una modalità mista, ossia in presenza per chi ne ha fatto richiesta e in collegamento telematico per l’altra parte; resta fermo il diritto per quest’ultima, comunque, di partecipare in presenza.
- In caso di urgenza tutti i termini predetti possono essere abbreviati, indicandone le ragioni nel relativo provvedimento.
- L’art. 127 bis c.p.c. deve essere letto in correlazione con il nuovo art. 196 duodecies disp. att. c.p.c., che detta le modalità di svolgimento dell’udienza telematica.
In particolare, questa deve essere tenuta in modo da garantire il contraddittorio e la concreta partecipazione delle parti, nonché – ove non si tratti di pubblica udienza – la riservatezza.
- La disposizione attuativa chiarisce, infine, che il luogo da cui il giudice si collega viene ritenuto a tutti gli effetti aula d’udienza e questa si considera svolta nell’ufficio giudiziario avanti il quale pende la causa.
- Note scritte
- L’art. 127 ter prevede che “l’udienza, anche se precedentemente fissata, può essere sostituita dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, se non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Negli stessi casi, l’udienza è sostituita dal deposito di note scritte se ne fanno richiesta tutte le parti costituite. Con il provvedimento con cui sostituisce l’udienza il giudice assegna un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note. Ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione; il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile e, in caso di istanza proposta congiuntamente da tutte le parti, dispone in conformità. Se ricorrono particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dà atto nel provvedimento, i termini di cui al primo e secondo periodo possono essere abbreviati. Il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note. Se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato il giudice assegna un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fissa udienza. Se nessuna delle parti deposita le note nel nuovo termine o compare all’udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo. Il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note di cui al presente articolo è considerato data di udienza a tutti gli effetti”.
- Infatti, l’udienza può svolgersi anche mediante il deposito di note scritte, ex art. 127 ter c.p.c., in particolare laddove ne facciano richiesta tutte le parti costituite.
- Le note devono contenere esclusivamente le istanze e le conclusioni e sono ammissibili sempre che non debbano partecipare anche soggetti diversi dalle parti, dai loro difensori, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice.
- Il giudice assegna un termine perentorio non inferiore a 15 giorni per il deposito delle note e ogni parte costituita, nei 5 giorni successivi alla comunicazione, può opporsi: il giudice provvede nei 5 giorni successivi con decreto non impugnabile. In caso di istanza congiunta, però, deve necessariamente accoglierla.
- Tutti i termini possono essere abbreviati in caso di urgenza e, una volta depositate le note, il giudice deve provvedere sulle stesse entro i 30 giorni successivi alla scadenza del termine.
- La norma disciplina, quindi, l’ipotesi di inattività delle parti costituite, analogamente a quanto accade per le udienze in presenza.
- Pertanto, se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato, il giudice deve fissare un nuovo termine perentorio o una nuova udienza: se nessuno, analogamente, deposita le note entro il nuovo termine o compare all’udienza, la causa viene cancellata dal ruolo e il giudizio dichiarato estinto.
- Importante è, infine, la precisazione contenuta nella norma, per cui il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note è considerato “data di udienza a tutti gli effetti”. Tale disposizione vale, dunque, per tutti i termini che debbano calcolarsi con decorrenza dall’udienza.
- MEDIAZIONE OBBLIGATORIA:
- Tra le novità introdotte dalla Riforma Cartabia, troviamo l’estensione del ventaglio di materie nelle quali la mediazione è obbligatoria.
- E così, al condominio, ai diritti reali, alla divisione e alle successioni ereditarie, alle azioni di risarcimento del danno da responsabilità medica e sanitaria, alla diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità, oltre ai patti di famiglia e ai contratti in tema di locazione, di comodato, di affitto di azienda, oppure assicurativi, bancari e finanziari, si aggiungono i consorzi, i contratti di franchising, i contratti d’opera, di rete, di somministrazione, di subfornitura, nonché le società di persone.
- Per tali controversie, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, che deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
- Nell’eventualità in cui, invece, la mediazione non sia stata esperita, oppure sia già iniziata ma non ancora conclusa, il Giudice dovrà fissare una successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 del D. Lgs. 28/2010, secondo cui “il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi”.
- Solo nella predetta sede, infatti, il Giudice potrà accertare se la condizione di procedibilità sia stata soddisfatta, ossia se la mediazione si sia conclusa senza“l’accordo di conciliazione”, oppure se occorra dichiarare l’improcedibilità della domanda.
- E ciò, come precisato dalla Legge, a meno che non si tratti delle seguenti eccezioni:
- procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis;
- procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 c.p.c.;
- procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis c.p.c.;
- procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma c.p.c.;
- procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
- procedimenti in camera di consiglio;
- azione civile esercitata nel processo penale.
- In tali ipotesi, infatti, la mediazione non può essere ritenuta una condizione di procedibilità della domanda.
- Il che, grazie alla riforma Cartabia, è oggi valido tanto per i casi su esposti – già previsti nel D. Lgs. 28/2010 – quanto per l’azione inibitoria di cui all’articolo 37 del Codice del Consumo, secondo cui le associazioni rappresentative dei consumatori previste all’articolo 137 e le associazioni rappresentative dei professionisti possono convenire in giudizio, chiedendo che ne venga inibito l’uso, il professionista o l’associazione di professionisti che utilizzino, o che raccomandino l’utilizzo di condizioni generali di contratto abusive.
- In tale contesto, da ultimo si inserisce l’art. 5 bis.
- Benché, infatti, le Sezioni Unite avessero già precisato che “nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo” (cfr. Cass., SS. UU., 18/09/2020, n. 19596), il Legislatore ha comunque ritenuto fosse opportuno incastonare tale principio in una Legge.
- Da qui, il testo del nuovo articolo 5 bis del D.lgs. 28/2010: “quando l’azione di cui all’articolo 5, comma 1, è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l’onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. Il giudice alla prima udienza provvede sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”.
- Importati novità sono infine contenute nei nuovi articoli 5 ter, 5 quater e 5 sexies del D.lgs. 28/2010, introdotti proprio con la riforma.
- Legittimazione in mediazione dell’amministratore di condominio
- In particolare, l’art. 5-ter stabilisce che:
- l’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi;
- il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’articolo 1136 c.c. In caso di mancata approvazione entro tale termine, la conciliazione si intende non conclusa.
- Mediazione demandata dal giudice
- L’art. 5 quater, invece, prevede che il Giudice, anche in sede di appello e fino al momento della precisazione delle conclusioni, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza, può disporre, con ordinanza motivata, l’esperimento di un procedimento di mediazione, da intendersi quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale che ha introdotto la causa di appello.
- Mediazione su clausola contrattuale o statutaria
- Infine, l’articolo 5 sexies prevede che quando il contratto, lo statuto o l’atto costitutivo dell’ente pubblico o privato prevedono una clausola di mediazione, l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
- Se però il tentativo di conciliazione non risulta esperito, il Giudice, su eccezione di parte entro la prima udienza, provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del D.Lgs. 28/2010, secondo cui “Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”.
- Da ultimo, si segnala un’ulteriore importante novità, che riguarda le modalità di partecipazione alla procedura di mediazione.
- L’articolo 8 stabilisce, infatti, che il procedimento si svolge presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo e, in quella sede, le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione, a meno che non sussistano giustificati motivi per delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia.
- Per quanto riguarda, invece, i soggetti diversi dalle persone fisiche, queste devo partecipare alla procedura di mediazione avvalendosi dei loro rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei necessari poteri.
- Resta ferma, in ogni caso, la possibilità di partecipare agli incontri di mediazione da remoto, così come previsto dall’art. 8 bis.
- Più nello specifico, è stato previsto che:
- quando la mediazione si svolge in modalità telematica, ciascun atto del procedimento è formato e sottoscritto nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e può essere trasmesso a mezzo di posta elettronica certificata o con altro servizio di recapito certificato qualificato;
- gli incontri di mediazione si possono svolgere con collegamento audiovisivo da remoto. I sistemi di collegamento audiovisivo utilizzati per gli incontri del procedimento di mediazione assicurano la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate. Ciascuna parte può chiedere al responsabile dell’organismo di mediazione di partecipare da remoto o in presenza;
- a conclusione della mediazione, il mediatore forma un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo e lo invia alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata;
- nei casi di cui all’articolo 5, comma 1, del D. Lgs. 28/2010 e quando la mediazione è demandata dal Giudice, il documento elettronico è inviato anche agli avvocati che lo sottoscrivono con le stesse modalità.
- Questi, dunque, i principali tratti che delineano il volto della riforma in tema di mediazione obbligatoria prevista dal D. Lgs. 28/2010.
- IL PROCESSO ORDINARIO DI COGNIZIONE:
- Fase introduttiva
- La fase introduttiva del processo di cognizione è stata modificata in modo che la definizione del thema decidendum si possa delineare prima dello svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti ex art. 183 c.p.c.
- La prima modifica da notare è l’inserimento del numero 3-bis al comma 3 all’art. 163 c.p.c. rubricato “Contenuto della citazione”.
Lo stesso prevede che l’atto di citazione deve contenere l’indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell’assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento (come nel caso di mediazione o negoziazione assistita obbligatorie).
- Sempre nello stesso articolo, è stata aggiunta la seguente precisazione alla dicitura del punto 4, che prevede: “l’esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”, indicazione ribadita anche con riguardo alla comparsa di risposta dell’art. 167 rinnovato.
- Ancora, in merito all’art. 163 c.p.c. comma 3, è stata aggiunta, al punto 7, la precisazione per cui la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria (salvo le eccezioni codicistiche) e che la parte può presentare istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
- L’attore, ex art. 165 c.p.c., deve costituirsi in giudizio entro 10 giorni decorrenti dalla notificazione dell’atto introduttivo.
- Con riguardo alla costituzione del convenuto e la verifica del contraddittorio, va segnalato che l’articolo 163-bis c.p.c., al primo comma, estende il termine a comparire a 120 giorni prima dell’udienza di trattazione.
Questa disposizione si accompagna a quella dell’art. 166 c.p.c., con il quale viene modificato il termine di costituzione del convenuto, previsto ora in 70 giorni prima dell’udienza di comparizione, con il risultato di una riduzione del termine per la costituzione tempestiva del convenuto, che vede così portato dagli attuali, almeno, 70 giorni ai 50 giorni dalla notifica della citazione previsti dalla nuova disciplina.
- La mancata costituzione entro il termine di 70 giorni prima dell’udienza comporta per il convenuto le decadenze già previste dagli articoli 167 c.p.c. (facoltà di proporre eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio), e 38 c.p.c. (facoltà di eccepire l’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio).
- L’ultimo comma dell’art. 171 c.p.c. prevede, inoltre, che alla mancata costituzione “entro il termine di cui all’art. 166” (i.e. 70 giorni), consegue la dichiarazione di contumacia, facendo salva la disposizione dell’art. 291 c.p.c., il quale precisa che la contumacia del convenuto viene dichiarata quando “non si costituisce neppure anteriormente alla pronuncia del decreto di cui all’art. 171 bis, secondo comma”, col quale viene fissata una nuova udienza di comparizione se il giudice assume i provvedimenti di cui al 1°comma.
Quest’ultimo, a sua volta, statuisce che nei 15 giorni successivi al termine per la costituzione del convenuto il giudice verifica l’integrità del contraddittorio e, “quando occorre”, emette i provvedimenti di cui all’art. 102 comma 2; all’art. 107; all’art. 164 comma 2, 3, 5, 6; all’art. 167 comma 2, 3; all’art. 171 comma 3; all’art. 182; all’art. 269 comma 2; all’art. 291; all’art. 292.
- Deposito di memorie integrative anteriormente alla prima udienza
- Una delle modifiche più innovative è sicuramente quella del deposito di memorie integrative anteriormente alla prima udienza previsto dal nuovo art. 171-ter che rappresenta una novità rilevante rispetto alla tradizione delle tipiche memorie ex art. 183, comma VI c.p.c.
- Questo mutamento ha lo scopo di consentire la piena definizione del thema decidendum edel thema probandum prima dell’udienza di comparizione delle parti, attraverso il deposito delle c.d. “memorie integrative”, ora ai sensi dell’art. 171-ter c.p.c. che subentreranno alle memorie ex art. 183 co. 6 n. 1), 2 e 3).
- I termini sono rispettivamente, 40 – 20 e 10 giorni prima della udienza (dunque da calcolare a ritroso) ad esito delle quali la causa è pronta per la valutazione del Giudice alla prima udienza prevista dall’art. 183.
Tale norma prevede che, prima dell’udienza di comparizione, le parti possono depositare le c.d. “memorie integrative”, che subentrano alle memorie ex art. 183 co. 6 n. 1), 2 e 3). I termini, da calcolare a ritroso, sono rispettivamente: 40 giorni per la prima memoria (per proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto o dal terzo, nonché precisare o modificare le domande, eccezioni e conclusioni già proposte), 20 giorni prima per la seconda memoria (per replicare alle domande e alle eccezioni nuove o modificate dalle altre parti, proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande nuove da queste formulate nella memoria di cui al numero 1, nonché indicare i mezzi di prova ed effettuare le produzioni documentali) e 10 giorni prima dell’udienza per la terza memoria (per replicare alle eccezioni nuove e indicare la prova contraria).
- Prima comparizione delle parti
- Un’ulteriore novità consiste nella comparizione delle parti richiesta “personalmente alla prima udienza” eche, in caso di ingiustificata assenza, saràvalutabile a norma del 2° comma, art. 116 c.p.c.
- Più in dettaglio, il c.2, art. 183 c.p.c. statuisce che il giudice interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione a norma dell’art.185.
- Sempre l’art. 183 c.p.c. dispone, al 4° comma, che, se il Giudice non provvede ai sensi del secondo comma, dovrà decidere sulle richieste istruttorie e“tenuto conto della natura, dell’urgenza e della complessità della causa, predispone, con ordinanza, il calendario delle udienze successive sino a quella di rimessione della causa in decisione, indicando gli incombenti che verranno espletati in ciascuna di esse. L’udienza per l’assunzione dei mezzi di prova ammessi è fissata entro novanta giorni. Se l’ordinanza di cui al primo periodo è emanata fuori udienza, deve essere pronunciata entro trenta giorni”.
- Importante novità è poi la calendarizzazione immediata del processo che consente alle parti di avere una previsione attendibile della sua durata.
- Va segnalato, infine, che “se con l’ordinanza di cui al quarto comma (dell’art. 183 c.p.c.) vengono disposti d’ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con la medesima ordinanza, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi, nonché depositare memoria di replica nell’ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice, che si riserva di provvedere a norma del terzo comma ultimo periodo.”
- APPELLO
- Sospensione dell’esecutività delle sentenze (art. 283 c.p.c.)
- I requisiti per ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata sono stati resi più rigidi. Infatti, l’appellante può conseguire tale provvedimento solo se l’impugnazione appare manifestamente fondata o se dall’esecuzione della sentenza può derivare un pregiudizio grave ed irreparabile.
La sospensiva, inoltre, può essere concessa, in relazione ad una condanna al pagamento di una somma di denaro, quando sussista la possibilità di insolvenza di una delle parti.
- Novità di rilievo è poi costituita dal fatto che la richiesta di sospensione può essere proposta o riproposta, oltre che unitamente all’appello principale o incidentale, anche nel corso del giudizio, purché siano intervenuti mutamenti nelle circostanze, che devono essere indicati specificatamente, a pena di inammissibilità.
- Termine e contenuto dell’appello (artt. 326, 342 e 343 c.p.c.)
- Il termine per proporre appello è tuttora di giorni 30, in caso di intervenuta notificazione della sentenza. Il legislatore, recependo quanto già statuito in precedenza dalla Cassazione, ha però ritenuto opportuno precisare che il termine breve decorre per entrambe le parti dal momento in cui la notificazione si perfeziona per il destinatario.
- Quanto all’appello incidentale, viene espressamente indicato che la comparsa deve essere depositata almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione.
- Altrettanto chiaramente la riforma sottolinea la necessità che l’appello sia motivato e che i singoli motivi siano caratterizzati da chiarezza, sinteticità e specificità. Evidente, dunque, è l’intento di favorire, oltre ad un processo più rapido, anche un procedimento più agile, privo di atti prolissi ed eccessivamente generici.
- Ogni motivo deve, inoltre, indicare il capo della sentenza impugnato (senza necessità di ritrascrivere il medesimo), le censure proposte alla ricostruzione dei fatti operata dal Giudice di primo grado e le ritenute violazioni di legge e la loro rilevanza ai fini della decisione.
- Improcedibilità ed inammissibilità dell’appello (artt. 348 e 348 bis c.p.c.)
- La norma in tema di improcedibilità è rimasta sostanzialmente invariata (l’ipotesi ricorre in caso di mancata tempestiva costituzione o mancata comparizione dell’appellante nelle prime due udienze), salvo prevedere che il relativo provvedimento debba essere assunto con sentenza.
- Invece, allorché sia rilevata l’inammissibilità dell’appello o la sua manifesta infondatezza, il giudice deve disporre la discussione orale della causa; qualora, però, sia stato proposto appello incidentale, si può procedere in tal senso soltanto se i predetti presupposti ricorrano sia per l’impugnazione principale che per quella incidentale.
- Giudice istruttore e trattazione (artt. 349 bis e 350 c.p.c.)
- La riforma ha reintrodotto la possibilità che lo svolgimento del giudizio di appello non sia più solo collegiale. Il Presidente, infatti, in alternativa alla nomina di un relatore, può designare un istruttore tra i componenti del collegio: in quest’ultimo caso, la trattazione della causa è affidata a tale magistrato (che può anche assumere i mezzi istruttori), anche se la decisione resta collegiale.
- In occasione della prima udienza, verificata la regolare costituzione delle parti, il giudice dispone la discussione orale nel caso in cui ricorrano le ipotesi di inammissibilità o manifesta infondatezza dell’appello. Analogamente può provvedere, qualora – di contro – l’impugnazione sia manifestamente fondata o lo ritenga opportuno a fronte della ridotta complessità od urgenza della controversia.
- Finalità analoga ha la previsione secondo la quale, laddove non venga fissata discussione orale, il giudice deve tentare la conciliazione, ordinando eventualmente la comparizione personale delle parti.
- Decisione (artt. 350 bis e 352 c.p.c.)
- Se viene disposta la discussione orale ai sensi degli artt. 348 bis e 350, III comma c.p.c., le parti precisano le conclusioni e discutono oralmente la causa avanti al collegio; in caso di nomina dell’istruttore, invece, le conclusioni sono precisate davanti a lui, che assegna anche un termine per il deposito di note conclusive anteriore all’udienza.
- All’esito della discussione, la decisione è resa con sentenza motivata in forma sintetica, anche mediante il mero riferimento al punto di fatto o alla questione di diritto ritenuti risolutivi o ancora mediante il rinvio a precedenti conformi.
- Negli altri casi, esaurita l’attività di trattazione, se non è fissata la discussione orale, vengono assegnati termini perentori di giorni 60, 30 e 15 prima dell’udienza, rispettivamente per la precisazione delle conclusioni, per il deposito delle comparse conclusionali e per il deposito di note in replica.
- All’udienza la causa è trattenuta in decisione e sulla stessa si pronuncia il collegio tramite sentenza da depositare entro i successivi 60 giorni.
- Remissione in primo grado (art. 354 c.p.c.)
- La remissione al giudice di primo grado può ora avvenire solo se il giudice d’appello:
- dichiara la nullità della notificazione dell’atto introduttivo;
- riconosce che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio o non doveva essere estromessa una parte;
- dichiara la nullità della sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 161, II comma c.p.c.
Qualora, invece, riconosca sussistente la giurisdizione negata in primo grado o dichiari la nullità di altri atti compiuti in primo grado, le parti sono ammesse a compiere le attività che sarebbero precluse, con eventuale rinnovazione dell’attività istruttoria.
- PROCEDIMENTO IN CASSAZIONE:
- Art. 363-bis c.p.c.
- L’art. 363-bis c.p.c. introduce la novità più significativa della Riforma per quanto attiene al procedimento di legittimità e, nello specifico, consente al giudice di merito di disporre il rinvio pregiudiziale alla Suprema Corte per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto al ricorrere delle seguenti condizioni:
- la questione è necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e non è stata ancora risolta dalla Corte di cassazione;
- la questione presenta gravi difficoltà interpretative;
- la questione è suscettibile di porsi in numerosi giudizi.
- Il giudice rimettente deve motivare l’ordinanza di rinvio e, in relazione alle prospettate difficoltà interpretative, indicare specificamente le diverse interpretazione possibili. A tal fine, va peraltro precisato che il Legislatore non ha individuato un termine entro il quale il giudice di merito possa disporre il rinvio, ma va ritenuto che esso vada individuato con l’assunzione in decisione, pur non potendosi escludere che, anche dopo tale momento, sia possibile la rimessione della causa sul ruolo al fine di chiedere l’intervento della Corte, ferma restando, anche in tal caso, la necessità di sentire le parti costituite. All’esito del rinvio il giudizio a quo rimane sospeso, fatto salvo il compimento degli atti urgenti e delle attività istruttorie non dipendenti dalla questione oggetto di rinvio.
- Il procedimento avanti la Corte è, in linea teorica, snello e veloce, atteso che, superato il primo vaglio di ammissibilità del rinvio, la questione viene affidata dal primo presidente alle Sezioni Unite o alla Sezione semplice di competenza entro 90 giorni e la Corte si pronuncia in pubblica udienza con facoltà per le parti precostituite di depositare brevi memorie nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. (i.e. non oltre 5 giorni prima dell’udienza).
- Il principio di diritto affermato dalla Corte è vincolante nel procedimento a quo nonché, in caso di sua estinzione, nel nuovo processo in cui venga riproposta la medesima domanda tra le stesse parti.
- Artt. da 372 a 391-bis c.p.c.
- Il secondo blocco di disposizioni oggetto di esame è rappresentato dalle modifiche apportate agli articoli da 372 a 391-bis c.p.c.
- Il complesso di norme mira a recepire l’obiettivo di razionalizzare i procedimenti dinanzi alla Suprema Corte, riducendone i tempi di durata e modellando i riti sia camerali che in pubblica udienza con misure di semplificazione, snellimento ed accelerazione degli adempimenti.
- Nello specifico, le novità più significative, anche da un punto di vista pratico, risultano le seguenti:
- modifica del secondo comma dell’art. 372 c.p.c. mediante l’eliminazione dell’obbligo in capo alla parte che intenda produrre documenti inerenti all’ammissibilità del ricorso o del controricorso, non prodotti con tali atti, di procedere alla notificazione, mediante elenco, alle altre parti, essendo ora previsto il solo deposito ma da effettuarsi nel termine di 15 giorni prima dell’udienza o della camera di consiglio;
- modifica dell’art. 375 c.p.c. mediante l’introduzione di un nuovo primo comma che limita la pronuncia in pubblica udienza alle ipotesi in cui la questione di diritto sia di particolare importanza nonché nei casi di cui all’art. 391-quater c.p.c. (la nuova ipotesi di revocazione per effetto di pronuncia della CEDU);
- gli artt. 376 e 377 c.p.c. sono stati modificati al fine di snellire il procedimento di assegnazione dei ricorsi e di fissazione dell’udienza in camera di consiglio. In particolare: (i) all’art. 376 c.p.c. il termine per proporre istanza di rimessione alle Sezioni Unite è stato portato a 15 giorni (rispetto ai precedenti dieci) prima dell’udienza o dell’adunanza; (ii) all’art. 377 c.p.c. il termine per la comunicazione alle parti (ed ora anche al pubblico ministero) della data dell’udienza è stato portato da 20 a 60 giorni prima;
- modifica dell’art. 378 c.p.c. mediante l’estensione del termine, da 5 a 10 giorni prima dell’udienza, entro il quale le parti possono depositare memorie, ora espressamente definite “sintetiche”, con introduzione di un termine di 20 giorni per il pubblico ministero per depositare propria memoria;
- modifica dell’art. 379 c.p.c. mediante l’introduzione della previsione per cui l’udienza di discussione si svolge sempre in presenza e la limitazione del contenuto della relazione del consigliere relatore ed espresso riconoscimento del potere del presidente di dirigere l’udienza e dettarne punti e tempi;
- introduzione all’art. 380 c.p.c. di un termine di 90 giorni per il deposito della sentenza;
- adeguamento dell’art. 380-bis.1 c.p.c. alle novità introdotte e modifica dell’art. 380-ter c.p.c., in tema di procedimento inerente ai regolamenti di giurisdizione e competenza, alla struttura del procedimento previsto dall’art. 380-bis.1 c.p.c.;
- eliminazione, all’art. 390 c.p.c., del limite temporale rappresentato dalla notifica delle conclusioni del pubblico ministero nel caso di cui all’art. 380-ter c.p.c. per la rinuncia al ricorso nonché del comma 3, il quale onerava la parte di notificare l’atto di rinuncia alle parti costituite o di comunicarlo ai loro avvocati affinché questi ultimi vi apponessero il loro visto.
- Oltre a queste novità, quella di maggiore rilevanza nel blocco in esame è rappresentato dalla modifica dell’art. 380-bis c.p.c., il quale ora prevede che, nel caso in cui il presidente della sezione o un consigliere da questo delegato formuli una proposta di definizione del giudizio, indicata come sintetica, ravvisando la inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza del ricorso, principale o incidentale, si addivenga alla possibilità che la Corte dichiari il ricorso come rinunciato con conseguente pronuncia ai sensi dell’art. 391 c.p.c. e, quindi, con condanna della parte ricorrente alle spese a meno che vi sia adesione delle altre parti.
- La parte ricorrente può evitare gli effetti di cui sopra se, entro il termine di 40 giorni dalla comunicazione della proposta al difensore, chiede la decisione.
In tal caso, la Corte procede ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c. e, ove decida conformemente alla proposta, condanna il ricorrente ai sensi dell’art. 96, 3° e 4° comma, c.p.c. (quindi, condanna per lite temeraria a favore della controparte e della cassa delle ammende).
- Artt. 360, 362, 366, 369, 370 e 371 c.p.c.
- L’ultimo blocco normativo riguarda le modifiche apportate agli artt. 360, 362, 366, 369, 370 e 371 c.p.c. nonché alle disposizioni attuative del Codice di procedura civile in materia di procedimento di cassazione.
- Le modifiche sono volte principalmente a semplificare e rendere maggiormente intellegibile il contenuto del ricorso. Per quanto di interesse, si riportano quelle di maggiore rilevanza pratica:
- all’art. 360 c.p.c. viene inserito un 4° comma che esclude la possibilità di proporre ricorso per cassazione per omessa motivazione in fatto nel caso di “doppia conforme”;
- all’art. 362 c.p.c. è stato inserito il riferimento al giudice amministrativo per le ipotesi di ricorso per motivi legati alla giurisdizione;
- l’art. 366 c.p.c. è stato modificato recependo l’orientamento della Suprema Corte in merito alla formulazione del ricorso e dei singoli motivi, ora essendo richiesta “la chiara esposizione dei fatti di causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso”, “la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano” e “la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda e l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessila chiara e sintetica”.
Sono stati inoltri abrogati il secondo ed il quarto comma, inerenti, rispettivamente, alla necessità di eleggere domicilio in Roma ed alle modalità di comunicazione di cancelleria e di notificazione tra difensori di cui agli artt. 372 e 390 c.p.c. (ora non più previste);
- l’art. 370 c.p.c. è stato modificato ora prevedendo che il controricorso non debba più essere notificato alla parte ricorrente, ma direttamente depositato in cancelleria, con termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso. È stato modificato di conseguenza anche l’art. 371 c.p.c., il quale ora non prevede più, anche in caso di ricorso incidentale proposto con il controricorso, la necessità di procedere alla notifica al ricorrente principale, essendo sufficiente il deposito.
- È stata, inoltre, disposta l’abrogazione degli artt. 134, 134-bis, 135, 137 e 140 disp. att. c.p.c.
In particolare, l’art. 134 disp. att. c.p.c. disciplinava la possibilità di depositare il ricorso o il controricorso a mezzo posta e, pertanto, tale modalità è da ritenere non più possibile a decorrere dall’entrata in vigore della riforma nella parte in esame.
- Oltre a ciò, si segnalano, tra le novità introdotte, la pubblicazione nel sito della Corte, nel rispetto della normativa in materia di privacy, dei provvedimenti di rinvio ex art. 363-bis c.p.c. e dei ricorsi proposti dal procuratore generale nell’interesse della legge e le sue conclusioni, quando formulate (art. 137-ter disp. att. c.p.c.) e la restituzione, una volta definito il giudizio, del fascicolo d’ufficio e degli atti e dei documenti delle parti alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata (art. 144-bis disp. att. c.p.c.).
- PROCEDIMENTO SEMPLIFICATO DI COGNIZIONE:
- L’obiettivo della riforma è quello di promuovere e favorire la semplicità, la concentrazione e l’effettività della tutela delle parti processuali, nonché di garantire la ragionevole durata del processo.
- Primo grado
- Per il primo grado di giudizio, la riforma prevede quanto segue:
- atti introduttivi (atto di citazione e comparsa di costituzione e risposta) più completi con l’indicazione negli stessi dei mezzi di prova di cui ciascuna parte intende avvalersi nonché dei documenti che vengono offerti in comunicazione;
- le domande di parte attrice che conseguono alle difese svolte dal convenuto devono essere proposte prima dell’udienza di comparizione così come la chiamata di terzo.
Lo stesso vale per la controparte;
- ampliamento dei termini a comparire (ex art. 163 bis c.p.c. per parte attrice ed ex art. 166 c.p.c. per parte convenuta);
- la seconda udienza dovrà essere fissata entro 90 giorni dall’udienza di prima comparizione delle parti;
- la proposta conciliativa ad opera del giudice ex art. 185 bis c.p.c. potrà essere formulata fintanto che la causa verrà trattenuta in decisione;
- verrà soppressa l’udienza di precisazione delle conclusioni;
- i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ex art. 190 c.p.c. saranno ridotti e rispettivamente corrisponderanno a giorni 30 e 15;
- nelle controversie aventi ad oggetto diritti disponibili, è prevista, su istanza di parte, la pronuncia di un’ordinanza provvisoria di accoglimento o rigetto della domanda;
- il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c., diverrà procedimento semplificato di cognizione;
- per il processo davanti al giudice di pace sarà previsto il deposito telematico degli atti.
- Appello
- Per quanto riguarda l’appello, la riforma prevede, invece, che:
- l’impugnazione in appello che non presenta ragionevole probabilità di essere accolta, verrà dichiarata manifestatamente infondata;
- è prevista l’ammenda tra € 250,00 ed € 10.000,00 per le impugnazioni contro l’esecuzione della sentenza che risulteranno infondate.
- Cassazione
- Inoltre, in merito alla Corte di Cassazione, la riforma stabilisce:
- l’abolizione della sezione filtro con assegnazione ad ogni singola sezione di tale potere;
- l’introduzione del “rinvio pregiudiziale” in Cassazione, ossia il Giudice potrà investire direttamente la Suprema Corte delle questioni di mero diritto nuove e di particolare importanza che presentino gravi problematicità ermeneutiche e serialità.
- Procedure ADR
- Con riguardo alle procedure ADR, invece:
- verranno garantiti degli incentivi fiscali per mediazione, negoziazione assistita, arbitrati, oltre alla previsione dell’estensione del patrocinio a spese dello Stato alle prime due procedure di composizione della lite;
- le prove raccolte nelle procedure ADR, ove il tentativo di conciliazione non sia portato a termine, saranno utilizzate nel processo civile.
- ESPROPRIAZIONE FORZATA
- La riforma del processo civile, con l’obiettivo di garantire la semplificazione delle forme e dei tempi della giustizia civile, ha inciso anche su alcuni fondamentali istituti e su fasi salienti delle procedure esecutive.
In linea generale, va rilevato come, soprattutto in questo settore, le modifiche introdotte non sono andate a stravolgere l’impianto codicistico, ma si sono piuttosto inserite in continuità rispetto al cammino di progressivo efficientamento del procedimento esecutivo già avviato negli ultimi vent’anni.
- Abrogazione della formula esecutiva e della spedizione in forma esecutiva
- Nell’ottica di una riforma volta ad eliminare formalismi ed adempimenti che possono ritardare la fase esecutiva viene, innanzitutto, previsto uno snellimento nell’iter di apposizione della formula esecutiva.
- Nello specifico, l’articolo 475 c.p.c., rubricato “Spedizione in forma esecutiva”, viene sostituito dal nuovo articolo 475, intitolato “Forma del titolo esecutivo giudiziale e del titolo ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale”, il quale prevede che, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, le sentenze e gli altri provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale debbano essere formati in copia attestata conforme all’originale.
Sparisce ogni formula sacramentale, così come l’intera disciplina della spedizione in forma esecutiva.
- Resta tuttavia la possibilità per il giudice di richiedere l’esibizione dell’originale del titolo o della copia autenticata dal cancelliere o dal notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge.
- Sospensione del termine di efficacia del precetto
- Vengono inoltre introdotte novità quanto all’inefficacia del precetto qualora il creditore presenti l’istanza per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare ex art. 492-bis c.p.c.
- Con la modifica dell’articolo 492-bis c.p.c. è infatti prevista la sospensione del termine di 90 giorni di efficacia del precetto previsto dall’articolo 481 c.p.c. nell’ipotesi in cui il creditore presenti l’istanza di cui all’articolo 492-bis c.p.c. per essere autorizzato ad accedere alle banche dati delle Pubbliche Amministrazioni per individuare i beni del debitore da sottoporre ad esecuzione forzata.
- La sospensione opera sino alla comunicazione da parte dell’ufficiale giudiziario di non aver eseguito le ricerche per mancanza dei presupposti, o sino al rigetto da parte del Presidente del Tribunale dell’istanza, o sino alla comunicazione delle informazioni richieste da parte dell’ufficiale giudiziario.
- Novità in tema di istanza di vendita e deposito della documentazione ipocatastale
- Il legislatore ha inoltre recepito la previsione, sempre ispirata ad evidenti finalità acceleratorie, che disponeva che il termine per il deposito della documentazione ipocatastale, o del certificato notarile sostitutivo, avrebbe dovuto coincidere con il termine per il deposito dell’istanza di vendita.
- In questa prospettiva il nuovo testo del c.2, art. 567 c.p.c., prevede che la documentazione ipocatastale debba essere depositata entro il termine (45 giorni) di efficacia del pignoramento, e dunque entro lo stesso termine in cui, a norma dell’articolo 497, deve essere formulata l’istanza di vendita.
Con un solo deposito telematico il creditore dovrà richiedere la vendita, ed allegare ad essa la documentazione ipocatastale o la certificazione notarile sostitutiva.
- Introduzione della cosiddetta vendita diretta
- Tra le novità più significative che si registrano si pone sicuramente quella, disciplinata dai nuovi artt. 568-bis e 569-bis c.p.c., che punta a introdurre la possibilità per il debitore di vendere direttamente l’immobile pignorato.
- Nello specifico il debitore ha la facoltà di depositare apposita istanza per ottenere l’autorizzazione a procedere direttamente alla vendita dell’immobile pignorato.
- Sull’istanza, da presentarsi prima che la vendita sia delegata ad un professionista, il giudice dell’esecuzione può disporre la vendita diretta ad un prezzo non inferiore a quello stabilito dall’esperto nominato per la stima del compendio pignorato.
- Unitamente all’istanza deve essere depositata anche l’offerta irrevocabile di acquisto e deve essere versato, a titolo di cauzione, un importo non inferiore ad un decimo del prezzo offerto.
- Il giudice dell’esecuzione, all’udienza fissata per la vendita, valutata l’ammissibilità dell’istanza deve, in primo luogo, verificare se il prezzo offerto è almeno uguale al valore indicato dall’art. 568 c.p.c.
- Se il prezzo offerto è inferiore al prezzo base, il giudice fissa un termine di 10 giorni per integrare l’offerta e la cauzione, decorsi inutilmente i quali dichiarerà inammissibile l’offerta.
- Se invece il prezzo offerto è almeno uguale al pezzo base, o se l’offerta viene integrata nel termine assegnato, il giudice dell’esecuzione, se non vi sono opposizioni, aggiudica l’immobile all’offerente, stabilendo le modalità di pagamento del prezzo, da versare entro 90 giorni (o nel termine inferiore eventualmente indicato dall’offerente), a pena di decadenza.
Versato il prezzo e verificato l’assolvimento degli obblighi relativi alla normativa antiriciclaggio, il giudice dell’esecuzione pronuncia il decreto di trasferimento.
- Se il prezzo non è versato nel termine di 90 giorni, il giudice dell’esecuzione dispone la vendita, secondo il regime generale di cui al comma 3, art. 569 c.p.c.
- Estensione della normativa antiriciclaggio
- Un ulteriore elemento di novità è costituito dall’estensione alle procedure espropriative delle disposizioni in materia di antiriciclaggio di cui al d.lgs. n. 231 del 2007.
Nello specifico viene previsto che, nel termine fissato per il versamento del prezzo, l’aggiudicatario con dichiarazione scritta fornisca al giudice dell’esecuzione o al professionista delegato le informazioni necessarie ai fini dell’adeguata verifica.
- Custodia giudiziale
- Innanzitutto, il D. Lgs. 149/2022 delinea la funzione della custodia giudiziale come non più limitata alla conservazione del compendio immobiliare ma orientata alla futura vendita del bene.
- Il Giudice deve nominare, entro 15 giorni dal deposito della documentazione ipocatastale, il custode giudiziario, il quale dovrà verificare, con il CTU, la completezza della documentazione depositata dal creditore e procedere alla redazione di apposita relazione informativa nel termine fissato da Giudice.
- Finalità della norma così formulata è certamente quella di assicurare il diritto di visita dell’immobile e consentire la collaborazione con il perito nominato per il controllo della documentazione ipocatastale.
- Ulteriori rimedi consistono nella liberazione in tempi più celeri dell’immobile occupato sine titolo.
- Altro tentativo di snellimento della procedura è infatti quello che incide sulla disciplina dell’ordine di liberazione: all’art. 560 c.p.c. la riforma affida al custode giudiziario l’attuazione dell’ordine di liberazione dell’immobile pignorato seguendo le disposizioni del giudice dell’esecuzione senza le formalità previste dagli artt. 605 e ss.
- Il custode non dovrà, quindi, notificare in via preventiva il precetto di rilascio, né il successivo preavviso di sloggio; potrà invece procedere allo sgombero dei beni mobili limitandosi a rispettare le direttive impartite dal giudice nell’ordine di liberazione.
- La scelta del legislatore di aver favorito l’intervento del custode giudiziario al posto dell’ufficiale giudiziario, salvo il caso in cui l’esonero del custode venga richiesto dall’aggiudicatario stesso, è stata accolta con favore da più parti.
- Il custode giudiziario, infatti, pur avendo le funzioni e le responsabilità di un pubblico ufficiale, non è un dipendente pubblico ma un professionista privato che ha un interesse personale a completare, bene ed in fretta, il proprio compito per conseguire il compenso liquidato dal giudice al termine dell’incarico
- Il decreto 149/2022 interviene, inoltre, sulla figura del professionista delegato alle vendite.
- L’art. 179-ter disp. att. c.p.c., relativo all’elenco dei professionisti (avvocati, commercialisti e notai) che, su delega del giudice dell’esecuzione, provvedono alle operazioni di vendita è stato, infatti, ampiamente riscritto dalla riforma, in uno all’art. 179-quater disp. att. c.p.c., per garantirne l’affidabilità e la competenza e per assicurare la trasparenza e la rotazione nel conferimento degli incarichi.
- Per quanto concerne, invece, lo svolgimento delle funzioni del delegato, l’art. 591 bis riformato, contempla termini temporali ben scanditi.
- In particolare, è previsto che l’ordinanza di delega debba indicare il termine finale per il completamento delle attività delegate e contemplare lo svolgimento, entro il termine di un anno dall’emissione dell’ordinanza, di un numero di esperimenti di vendita non inferiore a tre.
- L’ordinanza dovrà inoltre contenere necessariamente le modalità di effettuazione della pubblicità, il luogo di presentazione delle offerte d’acquisto e il luogo ove si procede all’esame delle stesse, alla gara tra gli offerenti ed alle operazioni dell’eventuale incanto.
- Inoltre, sono previsti obblighi informativi a carico del professionista mediante il deposito di rapporti riepilogativi da depositare entro termini precisi ovvero entro 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza di vendita, dopo ciascun esperimento di vendita ed entro 10 giorni dalla comunicazione dell’approvazione del progetto di distribuzione.
- La riforma ha inoltre affermato la centralità del ruolo del professionista delegato anche nella fase distributiva
- Il progetto distributivo e i pagamenti saranno di fatto curati esclusivamente dal professionista delegato, sotto il controllo del giudice dell’esecuzione, salvo che sorgano controversie distributive ex art. 512 c.p.c., (in questo caso la soluzione è ovviamente rimessa al giudice dell’esecuzione).
- Vengono inoltre assegnati termini per precisi nell’ambito della fase distributiva.
- La nuova disciplina, infatti, prevede che la bozza del progetto di distribuzione venga predisposto entro 30 giorni dal versamento del saldo prezzo; entro i successivi 10 giorni, il Giudice esaminata la bozza e apportate le eventuali modifiche, dovrà depositarlo nel fascicolo d’ufficio per la visione delle parti.
- Inoltre, entro i successivi 30 giorni il Delegato dovrà fissare l’audizione avanti a sé delle parti per la discussione del progetto con la precisazione che tra la comunicazione dell’invito e la data di comparizione dovranno trascorrere almeno 10 giorni.
- La mancata comparizione della parte equivale a tacita approvazione del progetto. Se il progetto è approvato o le parti raggiungono un accordo, se ne dà atto nel processo verbale e il professionista delegato ordina il pagamento agli aventi diritto delle singole quote entro sette giorni.
- Se, invece, vengono sollevate contestazioni innanzi al professionista delegato, questi ne dà conto nel processo verbale e rimette gli atti al giudice dell’esecuzione, il quale provvede a risolvere la controversia distributiva ai sensi dell’art. 512 c.p.c., con ordinanza soggetta al consueto rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, comma 2, c.p.c.
- Sul punto, occorre precisare che il nuovo art. 591-ter c.p.c. dopo aver confermato che “quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto”, aggiunge che le parti possono reclamare dinanzi al giudice dell’esecuzione gli atti del delegato nel termine di 20 giorni decorrenti dal compimento dell’atto o dalla sua conoscenza.
- Infine, va anche evidenziato che la disciplina del reclamo avverso i provvedimenti del professionista delegato viene novellata anche per un altro significativo aspetto in quanto mentre fino ad oggi l’art. 591-ter c.p.c. indicava quale rimedio praticabile avverso il provvedimento del giudice che decide sul reclamo quello di cui all’art. 669- terdecies c.p.c., la riforma sostituisce ad esso il presidio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.
Gli incontri si possono svolgere con collegamento audiovisivo da remoto e le parti possono chiedere di partecipare anche in presenza.
L’accordo di negoziazione contenuto in un documento sottoscritto dalle parti con modalità analogica deve essere sottoscritto e certificato dagli avvocati con firma digitale.
- diritto del lavoro e per le controversie ex art. 409 c.p.c., fermo restando le disposizioni sulla conciliazione e sull’arbitrato disciplinate dalla contrattazione collettiva, le parti possono ricorrere alla negoziazione assistita senza che ciò sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Ogni parte è assistita da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Il documento fa piena prova di quanto i difensori attestino essere avvenuto in loro presenza. Può essere prodotto nel giudizio tra le parti ed è valutato dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento.
In quanto compatibili, si applicano gli artt. 693, 694, 695, 697, 698 e 699 c.p.c. inerenti ai procedimenti di istruzione preventiva.
In caso di rifiuto il giudice emanerà i provvedimenti temporanei e urgenti.
- NOVITA’ IN MATERIA DI RITO DEL LAVORO
- La riforma del processo civile ha interessato anche il rito del lavoro, apportando alcuni cambiamenti rilevanti.
- Le seguenti disposizioni hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 continuano ad applicarsi le disposizioni anteriormente vigenti.
- Abolizione del Rito Fornero
- Sono state abolite le norme che assoggettavano le cause in materia di licenziamento per gli assunti prima del 7 marzo 2015 ad uno speciale procedimento, il cd. rito Fornero.
- Detto rito prevedeva, in estrema sintesi, l’articolazione del primo grado di giudizio in due fasi, la prima a cognizione sommaria, allo scopo di giungere ad una prima decisione in tempi brevi, la seconda a cognizione piena.
- Infatti, l’art. 441-bis c.p.c., rubricato: “Controversie in materia di licenziamento”, disciplina la trattazione delle cause di licenziamento in cui sia proposta domanda di reintegrazione del lavoratore nel luogo di lavoro.
- I commi 1 e 2 del predetto articolo, dettano il principio generale secondo cui “la trattazione e la decisione delle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti nelle quali è proposta la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro hanno carattere prioritario rispetto alle altre pendenti sul ruolo del giudice anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto”, specificando che, ferme le peculiarità indicate nei commi successivi, tutte le controversie in materia di licenziamento sono assoggettate alla disciplina di cui all’art. 409 e ss. c.p.c.
- Inoltre, il comma 3 statuisce che la trattazione e la decisione prioritaria delle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti potrà essere garantita dal giudice attraverso la riduzione, fino alla metà, dei termini del procedimento, tenuto conto delle circostanze esposte nel ricorso, e, in ogni caso, garantendo la tutela del convenuto e del terzo eventualmente chiamato in giudizio, con la previsione che, tra la data di notificazione del ricorso al convenuto, o al terzo chiamato, e quella della udienza di discussione, deve intercorrere un termine non minore di 20 giorni e che, in tal caso, il termine per la costituzione del convenuto, o del terzo, dovrà essere ridotto della metà.
- Il comma 4 attribuisce al giudice del lavoro il potere di disporre, nel corso dell’udienza di discussione, in relazione alle esigenze di celerità anche prospettate dalle parti, la trattazione congiunta di eventuali domande connesse e riconvenzionali, ovvero la loro separazione, assicurando, in ogni caso, la concentrazione della fase istruttoria e di quella decisoria in relazione alle domande di reintegrazione nel posto di lavoro.
In particolare, tale esigenza di concentrazione delle fasi processuali è garantita mediante la riserva di particolari giorni, anche ravvicinati, nel calendario delle udienze.
- Infine, il comma 5 dispone che la celerità e la concentrazione costituiscono principi estensibili anche nell’ambito del giudizio d’appello e di cassazione.
- Licenziamento del socio di cooperativa
- L’art. 441-ter c.p.c. dispone che all’impugnazione del socio di cooperativa si applica la disciplina dell’art. 409 e ss. c.p.c., e che, in tale ipotesi, il giudice del lavoro decide anche sulle questioni relative al rapporto associativo, eventualmente proposte.
- L’ultimo periodo della predetta disposizione prevede che la decisione sul rapporto associativo sia attratta nell’ambito della competenza del giudice del lavoro, qualora la cessazione del rapporto associativo comporti la cessazione del rapporto di lavoro.
- Licenziamento discriminatorio
- L’art. 441-quater c.p.c. legittima il lavoratore a introdurre la domanda di nullità del recesso con i riti speciali, qualora non sia proposta con ricorso ex art. 414 c.p.c.
Tuttavia, il legislatore ha previsto che l’introduzione della domanda relativa alla nullità del licenziamento e alle sue conseguenze, nell’una o nell’altra forma, precluda di agire successivamente in giudizio con rito diverso per quella stessa domanda.
- Appello
- L’art. 3, comma 31, d.lgs. n. 149/2022 novella gli artt. 434, 436-bis, 437 e 438 c.p.c., prevedendo che il ricorso debba contenere le indicazioni prescritte dall’art. 414 c.p.c. e che, per ciascun motivo, debba essere indicato, a pena di inammissibilità, in modo chiaro, sintetico e specifico:
- il capo della decisione di primo grado che viene impugnato;
- le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;
- le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
- Il nuovo art. 436-bis prevede che nei casi in cui l’appello è inammissibile, improcedibile, manifestamente fondato o infondato, il collegio, all’udienza di discussione, sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza, dando lettura del dispositivo e della motivazione redatta in forma sintetica, anche mediante esclusivo riferimento al punto di fatto o alla questione di diritto ritenuti risolutivi o mediante rinvio a precedenti conformi.
- Nell’art. 437 c.p.c., relativa all’udienza di discussione è stata coerentemente recepita la modifica introdotta dall’articolo precedente. Dunque, costituisce norma di raccordo tra la nuova modalità di definizione del giudizio e quella ordinaria.
- Infine, l’art. 438 c.p.c. prevede che nelle ipotesi diverse dall’art. 436-bis c.p.c., la sentenza deve essere depositata entro 60 giorni dalla pronuncia e che il cancelliere è tenuto a darne immediata comunicazione alle parti.
- Inoltre, è da segnalare che il nuovo art. 283 c.p.c., richiamando il comma 5 dell’art. 431 c.p.c., assume rilevanza anche nell’ambito del processo del lavoro.
- Il lavoratore, infatti, potrà proporre istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza a lui sfavorevole, dal momento che: “l’impugnazione appare manifestamente fondata o se dall’esecuzione della sentenza può derivare un pregiudizio grave e irreparabile, pur quando la condanna ha ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti”.